Ritenuta d’acconto, ecco chi la deve fare ora e per cosa

Cos’è la ritenuta d’acconto e a cosa serve? È, in estrema sintesi, una trattenuta fiscale che viene effettuata direttamente dal sostituto d’imposta – un datore di lavoro o un committente, nel caso di un libero professionista – sugli eventuali importi che vengono erogati ad un determinato soggetto. La trattenuta viene effettuata per nome e per conto di un’autorità fiscale. Il sostituto d’imposta provvede a trattenere una parte del pagamento ed anticipa al fisco le tasse del dipendente o del professionista.

Ma perché viene effettuata la ritenuta d’acconto? Il sostituto d’imposta, che effettua questa trattenuta e successivamente la versa all’erario, è tenuto, per legge, ad effettuare il pagamento delle imposte in relazione a manifestazioni di capacità contributiva relative ad un altro soggetto, in questo caso il sostituito. Questo meccanismo, un po’ macchinoso e complesso, prevede che il sostituto d’imposta, nel momento in cui corrisponde dei compensi a dei prestatori di lavoro dipendente od autonomo, deve trattenere la somma da versare direttamente all’erario.

Lo scopo della ritenuta d’acconto

La ritenuta d’acconto, nella maggior parte dei casi, viene trattenuta quando si viene a generare un reddito da lavoro dipendente o autonomo. Invece di costringere un contribuente a versare il proprio debito fiscale in un’unica soluzione, i committenti provvedono a trattenere una piccola parte del reddito nel corso dell’anno. Questa operazione, il più delle volte, è utile a ridurre la responsabilità fiscale delle imprese e dei lavoratori, nel momento in cui devono pagare le tasse. In un certo senso è possibile affermare che la ritenuta d’acconto corrisponde alla responsabilità dell’imposta sul reddito nel momento in cui si andrà ad effettuare la dichiarazione dei redditi.

Sono diverse le motivazioni per le quali viene utilizzata la ritenuta d’acconto. Tra queste ci sono:

assicurare che le imposte dovute siano pagate: la trattenuta viene versata al fisco direttamente dal sostituto d’imposta. Questo assicura all’erario che il soggetto ricevente abbia pagato almeno una parte delle tasse;
semplificazione degli adempimenti fiscali: grazie alla ritenuta d’acconto viene semplificato il calcolo ed il pagamento delle imposte, questo perché il datore di lavoro provvede a trattenere la somma e la vera all’erario;
si riduce il rischio di evasione fiscale: l’Agenzia delle Entrate riceve un acconto delle imposte dovute, questo limita il rischio di un’eventuale evasione fiscale.

I contesti nei quali la ritenuta d’acconto viene applicata sono i seguenti:

ambito lavorativo: coinvolge direttamente i dipendenti che ricevono un reddito da lavoro dipendente;
ambito professionale: in questo caso a subire la ritenuta d’acconto sono i liberi professionisti che prestano servizi a terzi;
ambito finanziario: nel caso in cui vengano percepiti dei redditi da capitali come gli interessi sulle obbligazioni.

La ritenuta d’acconto non è uguale per tutti i lavoratori: varia a seconda del tipo di reddito e della normativa fiscale vigente. È necessario ricordare, inoltre, che la ritenuta d’acconto non rappresenta l’imposta finale che i contribuenti devono pagare, ma solo e soltanto una parte della stessa.

Chi è tenuto ad applicare la ritenuta

La ritenuta d’acconto deve essere applicata direttamente dal sostituto d’imposta, che deve erogare dei compensi ai singoli prestatori. L’articolo 64 del DPR n. 600/73 ha definito come sostituto d’imposta quanti “in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili e anche a titolo di acconto deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso”.

All’interno di questa definizione, vi rientrano, quindi, i seguenti soggetti:

società per azioni e in accomandita per azioni;
società a responsabilità limitata;
società cooperative;
società di mutua assicurazione;
società europee;
società cooperative europee;
società semplici;
società in nome collettivo;
società in accomandita semplice;
enti pubblici e privati diversi dalle società;
persone fisiche che esercitano imprese commerciali o agricole;
persone fisiche che esercitano arti o professioni;
curatore fallimentare;
commissario liquidatore;
condominio.

I soggetti che non rientrano nel suddetto elenco non rivestono il ruolo di sostituti d’imposta. Il privato cittadino, che dovesse avvalersi della consulenza di un professionista, non è tenuto ad effettuare alcuna ritenuta sugli emolumenti concordati.

Su quali compensi si applica la ritenuta d’acconto

La ritenuta d’acconto deve essere applicata nei seguenti casi:

quando vengono erogati dei redditi da lavoro dipendente e redditi assimilati;
in caso di compensi per prestazioni di lavoro autonomo;
quando sono erogate delle provvigioni;
per gli eventuali corrispettivi versati dal condominio nei confronti dell’appaltatore per prestazioni relative a contratti d’appalto di opere o di servizi;
per gli interessi e altri proventi spettanti ai possessori di obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie.

La ritenuta d’acconto non deve essere applicata nel caso in cui il compenso abbia un importo inferiore a 25,82 euro. L’importo erogato, però, non deve essere relativo ad un acconto per una prestazione di lavoro, il cui totale sia superiore a questo limite. Sono esclusi i compensi che vengono corrisposti da enti pubblici o privati, che non abbiano come oggetto principale l’esercizio di attività commerciali.

La certificazione della ritenuta d’acconto

Ogni anno i sostituti d’imposta sono obbligati a presentare una dichiarazione unica per tutti i soggetti verso i quali hanno provveduto ad erogare dei compensi. L’articolo 4 del DPR n. 322/98, impone al sostituto d’imposta a trasmettere la dichiarazione tramite il modello 770 entro il 31 ottobre di ogni anno, salvo proroghe.

I sostituti d’imposta, inoltre, sono tenuti a rilasciare ai soggetti sostituiti una certificazione unica, con la quale venga attestato l’ammontare complessivo delle somme che sono state erogate e delle ritenute d’acconto che sono state operate. Nella stessa certificazione devono essere indicate eventuali detrazioni effettuate e tutti i contributi previdenziali ed assistenziali versati.

Ricordiamo che per quanto riguarda il Modello 770 valgono le norme generali, sia sul piano sostanziale che sanzionatorio, previste per la dichiarazione dei redditi. Può essere infatti presentata una dichiarazione integrativa, e sono contemplate sanzioni sia per l’omessa dichiarazione che per la dichiarazione infedele.

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