Cuneo fiscale, tasse giù del 7% nel 2023. Ma non ci sono risorse per il 2024

Misure volte a ridurre il cuneo fiscale, per la parte contributiva, nei confronti dei lavoratori dipendenti con redditi fino a 35mila euro lordi annui. Nel semestre dal 1 luglio al 31 dicembre 2023, il taglio del cuneo fiscale cresce dal 3 al 7% per i lavoratori dipendenti con i redditi fino a 25 mila euro, mentre viene innalzato dal 2% al 6% per i redditi fino a 35 mila. Per finanziare la misura il governo mette in campo quasi 4 miliardi di euro. L’aumento nella busta paga dei dipendenti, viene stimato dal Mef, nel periodo luglio-dicembre, arriva fino a 100 euro mensili di media. La misura, inclusa nel decreto legge sul lavoro varato dal Consiglio dei ministri nella seduta eccezionale del 1 maggio, potrebbe, tuttavia, rivelarsi un provvedimento spot, dall’impatto illusorio.

Cuneo fiscale per sei mesi

Il governo lavora per prorogare il taglio del cuneo fiscale che al momento è fissato fino a fine 2023. “Con la manovra abbiamo confermato i due punti di taglio, oggi con tutte le risorse a disposizione – ha detto la ministra del Lavoro, Marina Calderone – siamo tornati sul tema. Gli ulteriori quattro punti fanno sì che per chi ha redditi fino a 25mila euro ci sia una riduzione di circa il 70% del prelievo contributivo. Per chi ha fino a 35mila euro di reddito c’è il 60%. L’impegno è di lavorare per creare le condizioni per rendere strutturale questo intervento. Ci deve essere una situazione che lo consente. Bisogna agire con prudenza con attenzione ai conti». Calderone ha parlato di impegno e di prudenza anche sulla possibilità di tagli dei contributi per i redditi superiori a 35mila euro.

L’incognita delle risorse per il 2024

Per l’ultimo semestre del 2023 il nuovo taglio del cuneo fiscale verrà coperto dal governo con i 3 miliardi e mezzo di euro di scostamento di bilancio autorizzati dal Parlamento. A questi si aggiungono altre risorse per un totale di 4 miliardi che portano a 8 miliardi il costo della misura per un anno. A ciò vanno aggiunti i 4,6 già stanziati con la legge di Bilancio per finanziare il taglio del cuneo applicato dallo scorso gennaio fino ad oggi. Alla luce degli aumenti contenuti nell’ultimo decreto, confermare il taglio del cuneo fiscale nel 2024 – secondo le stime del Corriere della Sera – costerebbe al governo circa 12 miliardi. Che al momento non ci sono e non si sa come recuperare.

Le critiche dell’opposizione e dei sindacati

“La sostanza del decreto 1 maggio è una grande presa in giro per i redditi medio bassi. Un lieve taglio al cuneo fiscale per pochi mesi viene spacciato come un grande taglio delle tasse” commenta Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera.

“Il taglio del cuneo fiscale per gli stipendi medio bassi è sempre condivisibile, quello che non è accettabile è spacciare un bonus di soli sei mesi con il taglio delle tasse più grande degli ultimi decenni”, ha detto la vice capogruppo dei deputati Pd, Simona Bonafè.

“Stupisce la sfacciataggine con cui governo mente. Hanno presentato un mini taglio del cuneo fiscale come la svolta epocale nel mondo del lavoro. Invece di aumentare il salario minimo per legge, di fatto si dà ai lavoratori poche decine di euro in più in busta paga, mentre l’inflazione morde all’8%. È solo una piccola compensazione che non basta a coprire decenni in cui i salari italiani sono diminuiti invece di aumentare come accaduto in tutto il resto d’Europa. Ma il governo è consapevole della debolezza della narrazione tanto che sono scappati dalle domande dei giornalisti, forse memori della figuraccia di Cutro. In entrambi i casi hanno usato una difficoltà per una inutile passerella politica” ha detto Vittoria Baldino, vice capogruppo M5S alla Camera dei deputati.

“La misura sul cuneo contributivo – ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini – va nella direzione delle richieste che abbiamo fatto, addirittura anche con gli scioperi con i governi precedenti, è un primo risultato ma è una tantum, non è strutturale, è transitorio vale per i prossimi cinque mesi, parte da luglio e non è nemmeno conteggiato sulla tredicesima”. Quindi ”una misura importante ma temporanea, transitoria e non è sufficiente per rispondere al problema della tutela del potere d’acquisto dei salari”.

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