CU 2023, occhio alle novità sulle somme non soggette a ritenuta

Come ogni anno, anche nel 2023, la certificazione unica deve essere inviata telematicamente all’Agenzia delle Entrate la Certificazione Unica dei lavoratori autonomi. Da quest’anno, particolare attenzione dovrà essere posta alle somme che non sono assoggettate a ritenuta. Stiamo parlando, in particolar modo, dei compensi che vengono corrisposti ai soggetti per i quali si applicano dei regimi IVA agevolati, come possono essere, ad esempio, i contribuenti che hanno optato per il regime forfettario.

Nel caso in cui la Certificazione Unica dovesse contenere esclusivamente dei redditi esenti o non dichiarabili attraverso la dichiarazione dei redditi precompilata, la trasmissione può essere effettuata entro il prossimo 31 ottobre 2023. Questo, tra l’altro, risulta essere il termine ultimo entro il quale presentare telematicamente la dichiarazione dei sostituti d’imposta, ossia il Modello 770.

Come devono essere gestite, correttamente, all’interno delle Certificazione Unica le somme, che non sono soggette a ritenuta. Per poterle inserire correttamente è necessario utilizzare i codici 22 e 24, che dovranno essere indicati all’interno della colonna 6. Ma andiamo a scoprire come gestire correttamente questi dati.

Certificazione Unica, i compensi da indicare

Come molti contribuenti ben sapranno, oggetto della Certificazione Unica sono i compensi e le ritenute, che vengono operate sugli emolumenti riconosciuti ai professionisti. Entrando un po’ più nel dettaglio, la CU 2023 si riferisce direttamente:

ai compensi che sono stati erogati nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2022;
alle ritenute che sono state versate nel periodo compreso tra il 16 febbraio 2022 ed il 16 gennaio 2023.

Per quanto riguarda i compensi, che vengono erogati ai lavoratori autonomi, questi importi devono essere indicati nella parte relativa ai dati fiscali. L’ammontare del compenso lordo deve essere indicato al netto dell’IVA eventualmente dovuta. Il contributo integrativo, il quale può essere pari al 2% o al 4%, non deve essere indicato, perché non costituisce parte del compenso: è, infatti, destinato alle casse previdenziali.

Diverso, invece, il discorso relativo al contributo Inps gestione separata, per i professionisti che non possiedono una la cassa di previdenza di categoria. La rivalsa del 4%, in questo caso, fa parte del compenso ed è assoggettato alla ritenuta d’acconto.

Cosa è necessario indicare

Nella Certificazione Unica relativa alle ritenute d’acconto, che vengono effettuate sui compensi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, è necessario indicare anche le somme che non sono state assoggettate a ritenute. In questo caso è indispensabile specificare la causale attraverso un determinato codice (punto 6).

È necessario ricordare, infatti, che alcuni redditi da lavoro autonomo, benché non prevedano l’applicazione delle ritenute d’acconto da parte degli eventuali sostituti d’imposta, devono obbligatoriamente essere indicati nella Certificazione Unica. Entrando un po’ più nello specifico, stiamo parlando dei compensi che vengono erogati ai lavoratori autonomi e ai professionisti, che hanno aderito ad un particolare regime fiscale agevolato:

il regime di vantaggio previsto per l’imprenditoria giovanile ed i lavoratori in mobilità (previsto dall’articolo 27 del Decreto Legge n. 98/2011): stiamo parlando dei cosiddetti Contribuenti Minimi;
il regime forfettario, così come previsto dall’articolo 1, commi da 54 ad 89 delle Legge n. 190/2014 e dalle successive modificazioni.

Cosa ci deve essere nella Certificazione Unica

Cosa devono trovare i contribuenti, in questi casi, all’interno della loro Certificazione Unica? Il documento deve essere risultare compilato con l’indicazione della causale A per i redditi, che derivano direttamente dall’esercizio di lavoro autonomo svolto all’interno dell’esercizio di arte o professioni. All’interno della Certificazione Unica deve essere indicato l’ammontare del compenso indicato in fattura nella colonna 4 del modello “ammontare lordo corrisposto” e nella colonna 7 “altre somme non soggette a ritenuta”.

Nella colonna 6, inoltre, deve essere indicato il codice 24, che dovrà essere applicato nel caso di compensi non soggetti a ritenuta d’acconto, che vengono erogati a soggetti in regime forfettario. Ma proviamo a fare un esempio pratico di come devono essere indicate le somme erogate e non soggette a ritenuta. Nel caso in cui un lavoratore autonomo abbia percepito 10.002 euro per delle prestazioni professionali, comprensivi dell’imposta di bollo da due euro addebitata in fattura, il primo modulo CU deve essere compilato in questo modo:

causale: A;
ammontare lordo corrisposto (col. 4): 10.000 euro;
codice (col. 6): codice 24;
altre somme non soggette a ritenuta (col. 7): 10.000 euro.

Come deve essere gestita l’imposta di bollo

Come deve essere gestita invece, l’imposta di bollo che i lavoratori autonomi in regime forfettario addebitano al proprio cliente? Anche in questo caso è necessario prestare la massima attenzione a quanto è contenuto all’interno della Certificazione Unica. L’imposta di bollo, addebitata in fattura, rappresenta a tutti gli effetti un reddito per il professionista.

A prendere una posizione è stata direttamente l’Agenzia delle Entrate attraverso la risposta all’interpello n. 67/E/2020, confermata, successivamente, dalla risposta all’interpello n.428/E/2022. In questo caso l’imposta di bollo non rappresenta, per l’amministrazione finanziaria, il rimborso di un’anticipazione effettuata per conto del cliente. Ma costituisce a tutti gli effetti una componente positiva di reddito.

Provvigioni e somme non soggette a ritenuta

Nel caso in cui vengano erogate delle provvigioni ad agenti e rappresentanti, che non sono soggette alla ritenuta, è necessario indicare il codice 21 al punto 6 dei dati fiscali nella Certificazione Unica relativi ai redditi da provvigione. Questo si viene a verificare perché vi è sempre una quota di provvigioni, che non sono soggette a ritenuta di acconto (quota del 50% o dell’80%, a seconda dei casi).

Ricordiamo, infatti, che l’articolo 25 del DPR n. 600/73 dispone che i soggetti, che corrispondono delle provvigioni o dei compensi per le “prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, devono operare, all’atto del pagamento, una ritenuta a titolo di acconto dell’Irpef o dell’Imposta sul reddito delle persone giuridiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa. L’aliquota della suddetta ritenuta si applica nella misura fissata dall’articolo 11 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, per il primo scaglione di reddito”.

Ricordiamo, infatti, che la ritenuta del 23% deve essere applicata nella misura del 50% dell’ammontare delle provvigioni. Nel caso in cui i percipienti dichiarino ai propri committenti che, nell’esercizio della propria attività si avvalgono dell’opera di dipendenti o terzi in maniera continuativa, la ritenuta si applica unicamente sul 20% dell’ammontare delle provvigioni maturate.

Facciamo un esempio pratico. Nel caso della certificazione unica di un agente monomandatario, che abbia percepito provvigioni pari a 10.000 euro, dovrà essere indicato:

causale: Q;
ammontare lordo corrisposto (col. 4): 10.000 euro;
codice (col. 6): codice 21;
altre somme non soggette a ritenuta (col. 7): 5.000 euro;
imponibile (col. 8): 5.000 euro;
ritenuta a titolo di acconto (col. 9): 1.150 euro.

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